Crisi del sistema bancario ? - Luigi Luccarini
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By: Luigi Luccarini on Mercoledì 21 Agosto 2002 13:02
Notizia su ALITALIA
Gli istituti componenti il consorzio di garanzia (San Paolo Imi, Merrill Lynch e Credit Suisse) si sono impegnati a rilevare il 20% non sottoscritto dell'aumento di capitale da 1.43 miliardi di euro.
Considerando il prezzo raggiunto dal titoli ieri ,inferiore del 20% a quello di sottoscrizione e, in valore assoluto, più basso di 0.3 euro, le banche incasseranno una minusvalenza teorica di circa 60 milioni su investimento di 309.5 milioni.
Tale minusvalenza verrà in parte compensata dalla commissione di garanzia fissata nel 2.75% più lo 0.55% in relazione all'impegno sottoscritto.
Dunque, cercherò di tediarvi il meno possibile, ma avendo lavorato in un Istituto Bancario (sezione "sofferenze") credo che un minimo di esperienza in queto campo possa essermi accreditata. E quindi, seguite il mio ragionamento.
La Legge Bancaria degli anni '30 fu promulgata per fare fronte alla crisi del sistema finanziario determinata dal crollo dei valori azionari. Allora come (in parte) ora.
Quella legge fu pensata per eliminare ALLA RADICE un problema che comportava il rischio di default sul credito. Intendo la rigida separazione tra le attività di finanziamento bancario e quelle di partecipazione al rischio delle imprese finanziate.
Il fatto saliente era rappresentato dal divieto alle banche prestatrici di denaro di assumere la veste di azioniste delle aziende a cui prestavano il denaro: di mantenere cioè il rapporto con queste ultime nei termini di un ordinario contratto di mutuo - rinegoziabile, se volete, ma tuttavia soggetto alle regole standard di quel tipo di contratti: se il mutuatario non paga alle scadenze, si risolve il contratto e si inizia l'attività esecutiva nei suoi confronti (lo si passa quindi a "sofferenza").
Procedura forse un po' brutale, ma che nel capitalismo d'impresa rappresenta il contrappeso all'ipertrofia dello sviluppo delle attività economiche: le aziende che non riescono a generare i flussi di liquidità necessari per pagare il debito alle scadenze (il cosiddetto "cash flow operativo" che era al primo posto degli elementi di analisi negli uffici fidi) fanno la fine che meritano: scompaiono. FALLISCONO, in buone parole, quando il loro patrimonio non è in grado di fornire garanzia sufficiente (allora nell'ordine del 200% del capitale mutuato oltre gli interessi) per l'esposizone debitoria in essere.
La crisi attuale, forse, sarebbe stata più rapida e magari anche meno dolorosa se le regole fossero rimaste le stesse.
Se cioè si fosse mantenuto il divieto per le banche di operare nel capitale di rischio delle imprese. Queste ultime avrebbero visto per un po' aumentare il loro carico di sofferenze e probabilmente la reazione sarebbe stata un "sano" aumento dei tassi di interesse, tale da "ripulire" il parco delle imprese operanti da quelle incapaci di generare il famoso cash flow.
E invece no.
Ora le banche, grazie ad una riforma legislativa che va inquadrata tra i principali motivi del generarsi della bolla speculativa (è comunque comune a tutto il mondo e non una prerogativa nostra) possono diventare azioniste delle imprese che finanziano con denaro a prestito e negli ultimi tempi addirittura è invalso l'uso di consentir loro di "coprire" le quote di aumento di capitale e dei prestiti obbligazionari inoptati.
Il caso Alitalia; ma anche il caso Fineco/Inferentia (qui addirittura l'aumento di capitale è stato "riservato" alla banca perchè destinato in conto esposizione). Ma ripenso anche al caso Fiat, ancora più grave nei suoi posibili effetti - aumento di capitale interamente sottoscritto dalle banche creditrici come garanzia per la concessione di un finanziamento (!!!).
Non mi scandalizzo più di tanto: le procedure fanno il paio con altre - più o meno codificate - che hanno portato alla dilatazione oltre ogni misura della massa monetaria: strumenti di creazione artificiale di credito, gli swaps, ecc...
Evidenzio le conseguenze:
1) prestando soldi in cambio di partecipazioni azionarie, le banche sottraggono al controllo sul credito una montagna di denaro in uscita dalle loro casse: tecnicamente la partecipazione sociale non può mai diventare una "sofferenza"; tutt'al più può svalutarsi in considerazione dell'andamento di borsa, ma i criteri di imputazione a bilancio - con riguardo alle partecipazioni in società quotate - riguardano il corso "medio" dei titoli e quindi si prestano a contabilizzazioni in un certo senso teoriche.
2) Non dovendo così portare a sofferenza crediti che in raltà possono già considerarsi "inesigibili", le banche continuano a redigere STATI PATRIMONIALI (attenzione: non solo bilanci di esercizio) piuttosto lontani dalla realtà delle loro effettive disponibilità.
Sul piano pratico inoltre:
3) le banche sono in grado di immettere sul mercato consistenti pacchetti di azioni; anzi in un certo senso sono obbligati a farlo quando il valore del titolo può determinare una minusvalenza significativa - quindi principalmente a margine della chiusura dei bilanci di esercizio. Addio rally di Natale, forse.
2) Il peggio del peggio, infine. Destinando ulteriori risorse finanziarie alla sopravvivenza di attività senza margini operativi (come nel caso di Alitalia e Fiat) le banche da un lato sottraggono risorse finanziarie alle intraprese a migliore redditività e dall'altro operano con criteri antieconomici anche in relazione alla loro attività di impresa. Investono, cioè, in ciò che NON RENDE plusvalenze. Sono destinate a perdere soldi dal lato finanziario. E sono nello stesso tempo destinate ad allargare l'area delle possibili sofferenze future.
Insomma, abbastanza per poter immaginare risultati di esercizio sempre più modesti ed un patrimonio sempre a maggior rischio.
In genere, in questi casi, basta poco perchè si arrivi al default: quello vero, quello della gente che arriva in massa allo sportello per ritirare i soldi depositati.
A parer mio, ci siamo vicini, molto più di quanto si pensi.
Luke