By: GZ on Martedì 28 Dicembre 2004 15:11
Sembra che ci siano ora centinaia di piccole imprese che invece di farsi consigliare sui Derivati da esperti (come potrebbero trovare su questo sito...), si sono impelagate con perdite da "... derivati, collocati dalle banche alle aziende in previsione della crescita, mancata, dei tassi e del dollaro..."
Molte piccole imprese italiane hanno comprato opzioni, swap, futures e altri derivati scommettendo SUL DOLLARO E SUI TASSI DI INTERESSE facendosi consigliare dalle banche italiane.
Le quali hanno, da quello che si legge, suggerito loro che il dollaro sarebbero salito e i bonds sarebbero scesi e di "coprirsi" con derivati. E non con i derivati che maneggiamo noi su questo sito che sono liberamente negoziabili sui mercati, ma con derivati complessi creati ad hoc dalle banche di cui è difficile persino capire il rischio e non riescono nemmeno a chiudere la posizione !
---------------------------------------------
^«Alcune imprese non sono neppure in grado di determinare l’entità precisa del rischio assunto»#http://www.corriere.it/edicola/economia.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=PUA^ (dal corriere economia)
Come sarà il nuovo anno per l’industria italiana? «Difficile», ammette Francesco Bellotti, di Confindustria, che vede le imprese strette fra «esigenze di credito, aggressione cinese, Basilea 2, indebitamenti per i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione». E quel macigno della bolla sui derivati, collocati dalle banche alle aziende in previsione della crescita, mancata, dei tassi e del dollaro, e rinegoziati più volte per tamponare il mancato guadagno, a minacciare un già fragile rapporto con il sistema creditizio.
Le perdite sui derivati sono infatti «così complesse da calcolare» che, a volte, chi vuole chiudere i contratti non riesce a quantificarle. «Siamo a conoscenza di imprese che ancora non sono in grado di determinare il rischio che hanno assunto. E ci arrivano segnalazioni di aziende in grosse difficoltà per l'utilizzo improprio di questo strumento, determinato anche da una non corretta informazione da parte di chi lo ha ceduto. Mi auguro che ci sia domani un migliore rapporto banca-impresa».
Bellotti è l’uomo di Confindustria per le patate bollenti del 2005. «Quella dei derivati è stata un’esperienza negativa, per alcuni anche molto dolorosa», dice Bellotti, che è vicepresidente di Confindustria e presidente del Comitato tecnico per il credito riservato alle piccole e medie imprese. Ha 51 anni, due figli, una fabbrica di mangimi e una missione quasi impossibile: riannodare la fiducia fra le aziende italiane e il sistema bancario. Partendo proprio da swap e affini, argomento sul quale, finora, Confindustria aveva rifiutato ogni commento. ...
Bellotti è stato scelto dal presidente Luca di Montezemolo per rappresentare Viale dell’Astronomia all’audizione parlamentare sui derivati, la scorsa settimana. Davanti a Giorgio La Malfa, presidente della commissione Finanze della Camera, ha dovuto sottoporsi a domande scomode. «Quell’audizione sembrava la seduta di un dentista», ha detto La Malfa, mercoledì 15, a un convegno milanese dove ha ribadito le difficoltà incontrate nel convocare Confindustria. «Quando siamo venuti a conoscenza della richiesta abbiamo adempiuto», ribatte ora Bellotti. Che, sul caso derivati, ammette una certa responsabilità delle imprese, proponendo un diverso comportamento per il futuro: «Non c’è stata un’attenta domanda di informativa. Sicuramente, dovremo chiedere d’ora in poi più informazioni sui prodotti offerti dagli istituti di credito». Ma accusa le banche: di scarsa trasparenza e poca competenza. «L’effetto grave - denuncia l’esponente di Confindustria - è che il sistema bancario, a fronte di una perdita iniziale, ha indotto il cliente a successive ricoperture, che hanno degenerato in altre perdite. Perciò ci sono imprese che ancora non sanno quantificare la perdita subita».
Il fatto paradossale è questo: «C’è chi vuole chiudere i contratti sui derivati». Ma non ci riesce: «Perché, in alcuni casi, nel confronto con il sistema bancario, non c’è la certezza dell’ammontare delle perdite». Per Confindustria, «è la conseguenza dell’assoluta complicazione con la quale alcuni prodotti sono stati collocati». Ma è anche il sintomo di scarsa professionalità. «La trasparenza va sostenuta da conoscenza approfondita e capacità di spiegazione - dice Bellotti -. Quest’informazione, alle aziende, non c’è stata. Chiedo alle banche di formare i loro uomini, in modo che il cliente sia messo in grado di valutare il rischio. Non devono orientarsi soltanto alla redditività». Sull’entità del caso derivati, però, Bellotti rimanda la palla alle banche. «Ci aspettiamo che sia la Commissione a determinare quanti sono i contratti e le aziende coinvolte - dice -. Non sono dati che rientrano nella disponibilità di Confindustria. Può essere il sistema bancario a trasferire l'esatta dimensione del fenomeno». E in effetti Bankitalia ha indicato un numero, nell'audizione del 16 dicembre: almeno 30 mila imprese con contratti aperti, per un valore nazionale di 6.400 miliardi di euro, il doppio del 2001. Molto più dell’unico dato citato da Confindustria: un centinaio di imprese.
«Ma sono soltanto le aziende che, direttamente o tramite i Confidi, si sono rivolte a noi - precisa Bellotti -. Non sottostimiamo il fenomeno». Bellotti afferma d’essere «sulla stessa lunghezza d’onda» con la Consob che sta rivedendo, con parametri quantitativi, l’articolo 31 del regolamento, dove si parla di «operatore qualificato», esonerato dalla tutela.